Simona Castellani
Perché i rappresentanti politici e istituzionali nei loro discorsi pubblici parlano sempre e solo dei piani del governo per uscire dall’emergenza Covid19 ma non parlano dei piani per evitare che questo tipo di emergenza si ripeta in futuro? E perché non spiegano le cause che l’hanno generata, così sapremmo di cosa stiamo parlando? E perché non spiegano come mai non siamo stati capaci di lavorare tutti insieme come nazione e come Europa – e come mercato globalizzato – per evitare questa catastrofe infettiva?
Queste sono domande di senso che tutti dovremmo farci perché servono a costruire una prospettiva e a tutelare il nostro diritto alla speranza ma soprattutto il nostro bisogno di coltivare fiducia, elemento fondamentale per farci sopportare il sacrifico che ci viene chiesto in questa emergenza.
Non voglio rassegnarmi all’idea di un analfabetismo politico incapace di fornirci una prospettiva di senso e di fiducia. Pretendiamola questa prospettiva e rinunciamo alla tentazione di cedere pensiero critico in cambio di una pseudo e illusoria certezza di “salvezza” rappresentata dal ritorno alla normalità.
Il nostro problema è una crisi di senso. Meglio saperlo
Sembra che i nostri politici non abbiano compreso, o non lo vogliono ammettere, che il nostro vero problema è molto più profondo dell’epidemia in sé, è molto più profondo della diffusione dei contagi. La minaccia più grande per il nostro Paese e per il mondo intero è qualcosa di invisibile e di inquietante: è una crisi di senso.
Il problema siamo noi che non ci scandalizziamo se i giocatori di calcio sono miliardari e i medici, gli insegnanti e i ricercatori sono precari, se la nostra industria agroalimentare, pur di garantire l’abbondanza, “ha creato un meccanismo perverso di un miliardo e mezzo di obesi e cardiopatici nei Paesi ricchi e di 815 milioni di persone che vivono nell’incertezza alimentare nei Paesi in via di sviluppo” (Grammenos Mastrojeni). Il problema siamo noi che non ci chiediamo cosa spinga le madri immigrate del sud del mondo ad imporre l’inferno e il rischio di morte ai propri bimbi pur di arrivare in Occidente e che non ci chiediamo che cosa si nasconda dietro un prezzo troppo basso per i prodotti che acquistiamo nei colossi della grande distribuzione organizzata.
“L’umanità ha accettato e accetta quotidianamente migliaia di morti “invisibili” a causa della denutrizione, delle guerre per il controllo delle fonti energetiche e della perenne “pandemia silenziosa” cioè l’inquinamento diffuso (termine che appare nello studio scientifico pubblicato nel 2006 dalla rivista “The Lancet”) causato dall’insensata pulsione distruttiva dell’uomo sulla natura. “Siamo abituati a convivere con una sorta di rumore di fondo che si accetta come componente inevitabile dello sviluppo”. (Marino Ruzzenenti). È il mercato, bellezza!
Sogno una politica capace di lottare contro l’indifferenza
Quand’è che abbiamo smesso di farci domande e di indignarci? Se smettiamo di ragionare diventiamo indifferenti e l’indifferenza è pericolosa perché significa ignorare un costo potenzialmente enorme per la collettività che prima o poi pagheremo tutti. Serve lavorare sulla consapevolezza e sull’informazione per riuscire a trasformare quel rumore di fondo in un frastuono insopportabile.
Il rifiuto dell’indifferenza è il punto di partenza per ogni ragionamento sulla politica e sull’etica dei comportamenti individuali e collettivi. L’indifferenza rispetto alle cose su cui si potrebbe influire e che si potrebbero cambiare è in contrasto con l’idea stessa di umanità: essa viola il dovere di solidarietà – e di responsabilità – verso gli altri umani.
La condizione di chi è in difficoltà deve riguardarci – specialmente in un mondo interconnesso – deve metterci a disagio, deve indurre all’impegno. Ci sono cose attorno a noi e in generale nel mondo che non vanno per niente bene. Dobbiamo esserne consapevoli, dobbiamo ricavarne disagio per agire, per contribuire a rimuovere quello che non va bene, quello che viola la libertà, la dignità umana, il senso di giustizia.
Sogno una politica capace di generare un cambiamento positivo
Serve una doppia consapevolezza: che non tutto dipende dalla politica e che nel mondo, nella storia, è rintracciabile una direzione positiva di progresso. Ed è rispetto a questo progresso che l’azione consapevole degli individui e delle collettività – ma soprattutto della politica e delle istituzioni – diventa fondamentale e dunque doverosa.
Un’azione consapevole che vuol dire cambiamento. Un cambiamento che dipende soprattutto da noi, dalle nostre scelte e da un modello di consumo più critico e responsabile. Non ce l’ha forse insegnato l’epidemia stessa che la chiave per la soluzione dei problemi sono i nostri comportamenti?
Io non ci sto ad essere governata da una politica che ha rinunciato al suo dovere prioritario: quello di essere consapevole della possibilità del cambiamento e di mobilitarsi per renderlo possibile. La politica è chiamata ad esercitare quella forma sacrosanta di intelligenza che si deve tradurre nella capacità di intercettare il cambiamento per un futuro migliore per tutti, guidarlo e renderlo umano, cioè alla portata degli individui. (Gianrico Carofiglio). Nessun cambiamento può essere generato da una narrazione politica priva della prospettiva di un futuro migliore.
L’Economia del Bene Comune ci dimostra che è possibile percorrere una strada diversa da quella che ci ha portato all’epidemia di oggi, che è possibile realizzare un’economia più sostenibile ma allo stesso tempo più prospera e che nuovi stili di vita più responsabili, collaborativi e virtuosi possono diventare più vantaggiosi per tutti.
Parlateci di come dobbiamo lavorare per il bene comune
Parlateci, vi prego, politici e decisori di tutto il mondo, di come dobbiamo lavorare per il bene comune! Adesso più che mai abbiamo bisogno di un discorso pubblico che faccia vivere la storia di una possibile nuova economia al servizio del bene comune capace di ripristinare un ambiente degradato e di fermare lo scempio degli habitat naturali, di gestire una vera transizione energetica, di creare nuovi posti di lavoro nel segno della sostenibilità, di cambiare i metodi di allevamento, di ridurre lo spreco di cibo, di garantire la centralità della prevenzione primaria e secondaria e di preservarci dal rischio dell’insorgenza di malattie infettive. Affianchiamo da subito il mantra “restiamo a casa” con un nuovo mantra: “lavoriamo per il bene comune”.
Se rimaniamo confinati nel paradigma viziato dell’emergenza “c’è il rischio che si usino le risorse per far ripartire attività economiche a qualunque costo perdendo di vista la profonda necessità di pensare al futuro e perdendo la grande opportunità per riorientare il sistema economico in ottica di sostenibilità ambientale e di maggiore equità sociale” (Enrico Giovannini), in ottica di bene comune insomma. Guardate, vi prego, politici e decisori di tutto il mondo, alla “pandemia come ad un assist unico e irripetibile per ripensare l’economia a livello globale” (Leonardo Becchetti).
Sogno una politica capace di mobilitare le persone
La moneta di scambio delle privazioni sempre più insopportabili che ci vengono chieste, non dev’essere l’uscita dal tunnel dell’emergenza né “il ripristino della normalità perché quella normalità era il problema. La moneta di scambio deve essere la prospettiva di un futuro migliore per tutti, non quella di tornare da dove siamo partiti” (Paolo Pileri).
Questo duro allenamento ci deve poter servire per reinventarci come abbiamo già dimostrato di saper fare nelle situazioni di emergenza, ma non certo in quelle di prevenzione e di gestione dei rischi. Per innescare nei cittadini comportamenti responsabili e virtuosi non è sufficiente chiedere loro dei sacrifici, serve dimostrare quanto sia vantaggioso per tutti un nuovo stile di vita più orientato al bene comune e alla cultura della responsabilità.
Parlateci, vi prego, politici e decisori di tutto il mondo, della sostenibilità non come se fosse una rinuncia o un sacrificio ma come cambiamento necessario e possibile per vivere in un mondo migliore, come una grande ambizione, come un sogno da realizzare: “Per conquistare un futuro bisogna prima sognarlo” (Marge Piercy).
#goodafertcovid19 #maipiùcomeprima #lasostenibilitàhasenso #lavoriamoperilbenecomune
BIBLIOGRAFIA E SUGGESTIONI
Un profondo grazie agli autori e scrittori che hanno ispirato questo articolo:
Gianrico Carofiglio con Jacopo Rosatelli, “Con i piedi nel fango”, 2018
Francesco Costa, “Il discorso del malessere”, podcast, 4 aprile 2020
Marino Ruzzenenti, Brescia peggio di Wuhan? Riflessioni sull’attuale pandemia da covid-19, 31 marzo 2020
Enrico Giovannini, “Ora riconvertiamo l’economia”, 27 marzo 2020
Leonardo Becchetti, “Usciremo dalla pandemia grazie al lavoro dei cittadini”, 29 marzo 2020
Grammenos Mastrojeni e Antonello Pasini, Programma radiofonico “Tutta la città ne parla”: “L’ecologia può essere un antidoto ai sovranismi?”, 6 settembre 2019
Paolo Pileri, “È l’ora di prepararsi a un altro modello socio-economico”, 24 marzo 2020
Massimo Recalcati, “Lessico civile” programma televisivo registrato su RaiPlay,31 marzo 2020
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